La peste suina africana è una malattia altamente contagiosa che colpisce esclusivamente i suidi domestici e selvatici (in Europa quindi i suini domestici e i cinghiali) sostenuta da un virus appartenente alla famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus. Tale virus presenta una elevata resistenza nell’ambiente, nelle carcasse dei suidi morti e nelle carni non cotte, anche se salate e/o stagionate, di animali infetti: queste caratteristiche ne garantiscono un elevato potere di diffusione. La malattia provoca una grave febbre emorragica ad elevata letalità (fino a oltre l’80% degli animali colpiti muore). I principali sintomi osservabili sono: anoressia, debolezza del treno posteriore che si manifesta con andatura incerta e barcollante, difficoltà respiratoria con scolo oculo-nasale, emorragie interne ed esterne, queste ultime soprattutto a carico dei padiglioni auricolari e dei fianchi, fino al decesso. Il decorso ha una durata di circa 4-5 giorni e i soggetti colpiti possono diffondere il virus nell’ambiente o ad altri individui prima di giungere a morte. I pochi animali che guariscono possono ancora emettere il virus nell’ambiente con le loro escrezioni e secrezioni per un tempo ancora non ben definito, ma comunque non trascurabile, svolgendo ancora un ruolo nel mantenere l’infezione nell’area interessata (endemia). Tutte queste caratteristiche rendono l’eradicazione della PSA estremamente complessa.

https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/african-swine-fever
https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?lingua=italiano&id=208&tab=1

FAQ

NO, il virus colpisce solo la famiglia dei Suidi quindi, per quanto riguarda l’Europa, le specie suscettibili alla malattia sono la forma selvatica e domestica di Sus scrofa ovvero il cinghiale e il maiale.

Nell’Africa sub-sahariana, zona originaria della malattia da cui questa prende il nome, il virus svolge il suo ciclo vitale principalmente nel facocero (Phacochoerus africanus) e nelle zecche del genere Ornithodorus. Alle nostre latitudini, il virus si trasmette invece per contatto tra animale malato ed animale sano (secrezioni nasali o orali, sangue, feci, urine, consumo di carcasse) oppure per contatto con materiali contaminati (suolo, scarti e rifiuti alimentari, vestiario/calzature, attrezzature, mezzi di trasporto) per cui l’uomo può fungere in modo indiretto da veicolo meccanico del patogeno anche a molti km di distanza dalle zone infette.

La peste suina africana è una malattia endemica nelle aree dell’Africa sub-sahariana e, per quanto concerne l’Italia, è presente dal 1978 in Sardegna dove è in corso uno specifico programma di eradicazione (rimangono solo delle sieropositività nel cinghiale). Nel 2007 si è verificata l’incursione del virus nella regione del Caucaso (Georgia, Armenia, Azerbaigian) per poi diffondersi nei Paesi limitrofi (Russia europea, Ucraina e Bielorussia). La diffusione è proseguita in Lituania (2014 – cinghiali selvatici), Polonia, Lettonia ed Estonia (2014), per poi giungere tra il 2016 e il 2018 in Moldavia, Repubblica Ceca (eradicata nel 2019), Romania, Ungheria, Bulgaria, Belgio (eradicata a fine 2020). Nel 2019 l’infezione si è presentata in Serbia e in Grecia. A partire da settembre 2020 il virus viene rilevato anche in una carcassa di cinghiale in Germania, a pochi chilometri dal confine con la Polonia.

A livello mondiale il virus della PSA ha raggiunto la Cina nel 2018 per poi diffondersi nelle nazioni del Sud-Est asiatico quali Mongolia, Filippine, Corea del Nord e del Sud, Vietnam, Cambogia, Laos, Myanmar, Timor Leste, Indonesia e dell’Oceania, nel particolare in Papua Nuova Guinea.

Recentemente, nel 2021, anche l’America ha notificato all’OIE casi di malattia rilevati negli stati della Repubblica Dominicana e Haiti. (http://www.izsum.it/IZSUM/Common/pages02/wfContentLista.aspx?IDMAP=512; https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?lingua=italiano&id=208&tab=2).

Il 7 gennaio 2022 il Centro di Referenza nazionale per le pesti suine (CEREP) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche ha confermato il primo caso di PSA nell’Italia continentale in una carcassa di cinghiale ritrovata in Piemonte, sul territorio del comune di Ovada (AL), alla quale se ne sono aggiunti altri 2 nei comuni di Isola del Cantone (Liguria – GE) e Fraconalto (AL) in data 11 gennaio 2022.  A questi casi se ne sono aggiunti, successivamente, altri 5. Alla data del 01 febbraio 2022 il totale dei casi è di 28, ma la situazione epidemiologica è in continuo aggiornamento (https://www.izsplv.it/it/).

Il sequenziamento del genoma virale ha evidenziato che il virus nelle carcasse di cinghiale rinvenute nel focolaio attualmente in atto tra Piemonte e Liguria è quello che circola nell’Est e Nord Europa a partire dal 2007 (genotipo II), ed è diverso da quello sardo (genotipo I).

Questi dati suggeriscono che l’introduzione nel territorio nazionale sia stata di tipo puntiforme e non per continuità (le nazioni confinanti quali Francia, Svizzera, non hanno finora riscontrato positività). L’ipotesi più verosimile riguarda l’introduzione del virus attraverso il fattore umano; l’uomo, infatti, svolge un ruolo fondamentale per la diffusione del virus attraverso:

La dinamica di infezione della malattia nella popolazione di cinghiale si compone di quattro fasi: incursione, invasione, fase epidemica, fase endemica. Per incursione si intende l’ingresso della malattia per contiguità con individui infetti o attraverso materiale contaminato. L’invasione rappresenta la diffusione del patogeno, la cui velocità è dipendente dalla densità della popolazione colpita. Durante la fase epidemica il virus ha a disposizione una grande quantità di individui in cui replicare e sopravvivere causando un’alta mortalità (fino al 95%) (https://www.oie.int/app/uploads/2021/03/en-manual-asfinwildboar-2019-web.pdf). Successivamente a questa fase la popolazione serbatoio è ridotta al minimo, i contatti interspecifici diminuiscono e la malattia evolve verso la fase endemica, in cui assume più importanza la trasmissione indiretta attraverso carcasse ed habitat contaminato. A un anno di distanza dall’ingresso della malattia, la popolazione locale di cinghiale può ridursi naturalmente di oltre l’80% https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fvets.2020.00378/full?report=reader. Ricordiamo però che la densità della popolazione di cinghiale al di sotto della quale la malattia non è in grado di diffondersi è stimata in valori così bassi da coincidere praticamente con l’assenza della specie, obiettivo sostanzialmente irraggiungibile dove questa è presente.

In Italia il lupo rappresenta il predatore principale del cinghiale ed è stato dimostrato come il virus, in caso di consumo di carcassa infetta da PSA, non sopravviva attraverso il passaggio nel tratto intestinale (https://www.mdpi.com/1999-4915/13/10/2062) . Il lupo, quindi, non funge da vettore del virus e, allo stesso tempo, rimuovendo le carcasse dal territorio ne limita la persistenza e diffusione. Lo stesso ruolo è stato osservato in Ungheria per altri predatori/spazzini come lo sciacallo dorato. Data l’elevata mortalità del cinghiale in caso di diffusione della malattia, che può portare ad un calo della popolazione fin oltre l’80%, in altri Paesi europei si è osservato una modifica della dieta del lupo verso altre specie di ungulati presenti in abbondanza sul territorio come capriolo e cervo (https://www.mdpi.com/2076-2615/11/6/1758).

Come sopra evidenziato, il virus della PSA può essere trasportato meccanicamente dall’uomo tramite la contaminazione di attrezzature, vestiario, veicoli Purtroppo, inoltre, è sufficiente anche una carica virale piuttosto bassa perché l’infezione abbia successo. Le misure sulle attività outdoor sono quindi giustificate dalla necessità di ridurre drasticamente la probabilità di trasportare accidentalmente il virus al di fuori delle zone colpite.

L’introduzione del virus della Peste Suina Africana all’interno di una popolazione suina allevata può avvenire:

  • per contatto diretto con cinghiali infetti: questa è la modalità principale di trasmissione negli allevamenti allo stato brado-semibrado e rurali.
  • Per la mancata osservazione delle misure di biosicurezza (assenza di disinfezione dei mezzi, del vestiario, mancato utilizzo di calzari monouso etc..): modalità principale di trasmissione negli allevamenti suini industriali, ma anche in quelli bradi-semibradi e rurali.
  • Per l’utilizzo di scarti di cucina nell’alimentazione dei suini: possibile modalità di introduzione del virus in allevamenti rurali.

La malattia può presentare diversi decorsi; nella forma iperacuta gli animali colpiti muoiono improvvisamente. Nella forma acuta, invece, è presente febbre, riduzione o assenza dell’appetito (iporessia/anoressia) emorragie cutanee, in modo particolare, a carico del padiglione auricolare e dei fianchi, nonché a carico degli organi interni, osservabili in sede autoptica, alcune delle quali definibili patognomoniche (come il cosiddetto “rene a uovo di tacchino” per la presenza di emorragie petecchiali osservabili sulla superficie); in questi casi la mortalità può avvicinarsi al 100%. (https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/african-swine-fever)

L’ingresso della malattia in Italia porta alla perdita della qualifica di indennità del nostro Paese, causando la mancata esportazione di prodotti a base di carne suina tra cui alcune delle nostre eccellenze. L’Italia ha informato la Commissione in merito all’attuale situazione della peste suina africana sul suo territorio ed è stata tenuta a istituire una zona infetta conformemente al regolamento delegato (UE) 2020/687 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020R0687&from=ES) e al regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R0605&from=IT) . Lo stato deve assicurarsi che non vengano autorizzati movimenti da partite di suini detenuti nelle aree elencate nell’allegato come zona infetta e dei relativi prodotti verso altri Stati membri e paesi terzi fino al 7 aprile 2022 (Decisione di esecuzione UE 2022/62 della commissione del 14 gennaio 2022 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022D0062). Nel 2021 il mercato degli export di salumi e carni suine si attestava sui 1,7 miliardi di euro, per cui il danno economico derivato può provocare ingenti perdite nel panorama del settore suinicolo italiano (https://www.lastampa.it/cronaca/2022/01/13/news/peste_suina_allarme_export_danni_da_1_7miliardi_di_euro-2827414/).

Per essere efficaci, le misure volte all’eradicazione devono essere applicate nelle fasi iniziali dell’emergenza in aree di limitate dimensioni (Belgio e Repubblica Ceca) in quanto l’ondata epidemica, in funzione di densità e distribuzione spaziale della specie serbatoio, si diffonde con una velocità tra 20-40 km/anno (https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1670_10_file.pdf ). In seguito alla conferma di PSA è necessario instaurare una zona infetta (Art 63 del Regolamento 2020/687 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32020R0687 ) congiungendo le coordinate più esterne dell’area di ritrovamento delle carcasse, alle quali si aggiunge un’ulteriore zona buffer della larghezza di 6 km, corrispondente al massimo home range (area abitata da un animale nel corso della sua vita) di un cinghiale maschio, e una zona di sorveglianza (Art 64 e 70 del Regolamento UE 2016/429 https://sief.it/regolamento-ue-429-del-2016/ e Art 4 del Regolamento di esecuzione (UE) 2021/605) nelle aree limitrofe ad essa.

La segnalazione di carcasse di cinghiale può essere effettuata da tutti coloro che frequentano aree naturali sia per lavoro sia per diporto (Carabinieri Forestali, Polizie locali, cacciatori, pescatori, fungaioli, escursionisti, ecc.).

In ogni caso, è essenziale seguire semplici passaggi per far convergere il più rapidamente possibile le informazioni al Servizio veterinario localmente competente, a cui spetta il coordinamento delle attività ed il campionamento http://www.izsum.it/files/Content/512/0/PRELIEVO%20ORGANI%20CARCASSA.pdf degli animali segnalati:

  1. Contattare immediatamente il servizio veterinario dell’ASL competente nel territorio di ritrovamento
  2. Raccogliere le coordinate geografiche (si possono usare semplici app per smartphone)
  3. Scattare una fotografia
  4. Attuare le corrette misure di biosicurezza: pulire e disinfettare le scarpe, cambiarsi il vestiario ed evitare contatti con allevamenti di suini domestici.

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